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INFLAZIONE ENERGETICA: ITALIA AL PRIMO POSTO IN UE

L’inasprimento della stretta monetaria, deciso dalla Bce ha portato a un ulteriore rialzo di 50 punti base per quanto riguarda i tassi di riferimento, facendo arrivare il totale a ben 250 punti nel secondo semestre dell’anno appena volto al termine. Queste misure, che portano all’aumento dei tassi di interesse, non sono tuttavia finite: l’obiettivo è infatti quello di riportare l’inflazione al target del 2%. Il traguardo, però, pare essere ancora molto lontano. Infatti l’inflazione nell’Eurozona al momento è pari al 10,1% (è scesa di 0.5 punti base in un mese), mentre quella italiana è ancora sopra la media, rimanendo costante al 12.6%.

In un lasso di tempo in cui il PIL registra un segno negativo, è necessario che la politica monetaria sia non solo di stampo neo-ciclico, ma che vada anche di pari passo con la politica fiscale, in modo da poter ridurre il debito pubblico.
Sulla non crescita del nostro Paese, nell’ultimo semestre, pesano i ritardi relativi all’attuazione del PNRR (Piano Nazione di Ripresa e Resilienza). Secondo il nuovo governo, nel 2023 la previsione di crescita del Prodotto Interno Lordo sarebbe stata dello 0.6%, di cui 0.3 punti solo dal PNRR, e il resto invece dalla manovra di bilancio. Ma momentaneamente il rischio è quello di arrivare ad una stagflazione, ovvero una “crescita zero”, fenomeno che non si registra dal 1976.

Il fattore principale che ha portato ad una crescita così esponenziale dell’inflazione è sicuramente l’aumento dei prezzi dell’energia, il più significativo nell’Eurozona. Se prendiamo in considerazione la media dei primi undici mesi del 2022, l’indice dei prezzi di elettricità, gas e altri combustibili in Italia sale del 81,7%, rispetto allo stesso periodo del 2021.

Il differente ritmo di crescita delle commodities energetiche pone un problema di competitività alle imprese italiane. Gli interventi del nostro Paese contro il caro energia sono infatti pari al 5,1% del PIL, 2 punti inferiori rispetto a quelli della Germania, che registra però una minore crescita dei prezzi (20% circa in meno). L’intensità degli interventi statali tende a correlarsi con la pressione dei prezzi energetici.